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venerdì 11 dicembre 2009

LA STORIA DELLA VITA DI LEONARDO



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1452
Leonardo nasce il 15 Aprile ad Anchiano di Vinci, non lontano da Firenze. È figlio naturale di un notaio, Ser Piero.

1460
Si trasferisce a Firenze con la matrigna e il padre, che lo vuole avviare agli studi per fargli intraprendere la carriera di notaio.

1464-1469
Entra in una delle botteghe artistiche più in vista della città, quella di Andrea del Verrocchio: il giovane inizia così il suo apprendistato e familiarizza gradualmente con tutti i segreti della bottega, in cui conosce tra gli altri Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino e Lorenzo di Credi.

1472
Il suo nome è registrato nell'elenco della confraternita dei pittori, la Compagnia di San Luca: è quindi già un maestro indipendente. Frequenta accademie, botteghe e la famiglia Medici, presso la quale conosce molti intellettuali, tra cui il filosofo Marsilio Ficino.

1475
Verrocchio assegna a Leonardo l'incarico di completare la pala d'altare rappresentante il Battesimo di Cristo. A questo si affiancano altre collaborazioni col maestro che non impediscono a Leonardo di continuare a disegnare e prendere appunti con la sua inconfondibile scrittura a rovescio.

1482
È l'anno del probabile trasferimento a Milano, forse su consiglio di Lorenzo de' Medici. Si presenta alla corte di Ludovico il Moro con una lettera in cui espone le sue abilità, soprattutto di ingegnere militare, ma anche di architetto, scultore, pittore e persino musicista. A corte si occupa anche dell'organizzazione delle feste.

1483
Stipula un contratto insieme ai fratelli Evangelista e Giovan Ambrogio de' Predis per realizzare la pala d'altare per la Confraternita dell'Immacolata Concezione nella chiesa di San Francesco Grande: il pannello centrale sarà la Vergine delle Rocce, mirabile fusione tra ricerca artistica e osservazione della natura.

1488
Per Ludovico il Moro inizia anche gli studi per un grande monumento equestre in onore di Francesco Sforza, per il quale affronta numerosi problemi tecnici di fusione.

1487-90
In qualità di ingegnere ducale, riceve dei pagamenti per il suo parere per risolvere i problemi statici nella costruzione del tiburio del Duomo. La sua soluzione sarà scartata a favore del progetto di Giovanni Antonio Amadeo e Giovanni Dolcebuono.

1490
Ha modo di soggiornare nelle città di Vigevano e Pavia dove incontra l'ingegnere senese Francesco di Giorgio Martini. Descrive le opere di irrigazione del Vigevanasco e progetta la Sforzesca, una cascina modello per il Duca.

1495-1498
Lavora a uno dei suoi più celebri lavori: l'Ultima Cena, nel refettorio del monastero domenicano di Santa Maria delle Grazie.

1498
Decora anche la Sala delle Asse del Castello di Milano con affresco rappresentante un pergolato di alberi uniti a nodi di nastri, coniugando l'esigenza di celebrazione dinastica con il desiderio di rappresentazione la natura nei suoi minimi dettagli.

1499
A causa della caduta della signoria sforzesca per mano dei francesi, abbandona Milano, lasciando incompiuta l'impresa della fusione del cavallo di bronzo: il suo modello in terracotta rimane nel cortile del Castello. Nel suo viaggio si trattiene a Mantova e a Venezia.

1500
Ritorna a Firenze, dove è protagonista di un grande evento, la pubblica esposizione del suo cartone con la Sant'Anna presso la chiesa dell'Annunziata.

1502
Entra al servizio di Cesare Borgia come ingegnere militare, spostandosi frequentemente dalla Toscana alla Romagna e alle Marche tra le città di Piombino, Siena, Urbino, Imola, Senigallia e Cesena, dove progetta un canale navigale per Porto Cesenatico.

1503
È di nuovo a Firenze, dove è impegnato insieme al giovane Michelangelo nella decorazione del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio: per l'occasione lavora alla pittura murale rappresentante la battaglia di Anghiari, mai terminata.

1503-04
Inizia probabilmente a lavorare a due delle sue opere più famose: la Gioconda, ritratto che rimane nello studio di Leonardo fino alla morte, e la perduta Leda, omaggio alla forza generatrice della natura di cui appronta numerosi disegni preparatori.

1506-1515
Si trasferisce nuovamente a Milano su invito di Charles d'Amboise, nuovo governatore della città ,e del re Luigi XII di Francia. Per i successivi due anni divide il suo tempo tra Milano e Firenze.

1508-13
Visita spesso i corsi dell'Adda; inizia numerosi progetti di canalizzazione e si interroga sempre più sulle forze che animano e governano la natura, in particolare l'acqua, in cui egli riconosce una delle forze generatrici della vita.

1515-1516
Lascia definitivamente Milano. Invitato a Roma da Giuliano de Medici, continua i suoi studi di geometria e di ingegneria idraulica, progettando la bonifica delle paludi Pontine e disegnando il porto di Civitavecchia.

1515
Ha modo di vedere la volta della Cappella Sistina appena terminata da Michelangelo. A Bologna, dove si reca per un’ambasceria a seguito di Giuliano de Medici e papa Leone X, conosce il re di Francia Francesco I, che lo invita a trasferirsi in Francia e lavorare per lui.

1516
Diviene primo pittore, ingegnere e architetto del Re e si trasferisce insieme ad alcuni suoi allievi, tra cui Francesco Melzi, nel castello di Cloux presso Amboise. Si occupa nuovamente di ingegneria idraulica e abbozza i progetti per una residenza reale a Romarantin.

1519
Muore il 2 maggio a Cloux e per sua volontà viene seppellito nel chiostro della chiesa di Saint Valentin ad Amboise. Nel suo testamento, steso il 23 aprile, lascia in eredità i suoi manoscritti, disegni e strumenti al suo discepolo favorito, Francesco Melzi.
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domenica 6 dicembre 2009

IL TRANS ANDROGINO DI LEONARDO DA VINCI



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IL TRANS ANDROGINO

 DI LEONARDO DA VINCI
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E’ un’occasione encomiabile quella che offrirà gratuitamente il Comune di Milano con la collaborazione di sponsor di primissimo ordine, a palazzo Marino nella sala Alessi dal 27 novembre al 27 dicembre (ore 11 – 19.30 / gio-sab ore 11 – 22.30): in mostra uno dei grandi misteri a olio su tavola, del genio del rinascimento: il Giovanni Battista (?), di Leonardo Da Vinci.

Una tavola piuttosto piccola, cm. 69 x 57, realizzata nei primi anni del millecinquecento, normalmente esposta al Louvre de Paris.

In tempi dove la transessualità evoca pruriti della carne eterodossi, forse è il caso di fare il punto sull’accezione di androgino, nella sua integrità classica: miti ancestrali, a partire dallo sciamanesimo siberiano, consegnano all’individuo ne uomo ne donna o meglio uomo e donna insieme-simbiotici, ad una valenza magica, prodigiosa. Nel simposio di Platone, l’androgino è la tensione all’antica natura, al cercare di fare di due uno, di risanare l’antica natura verso quell’essere superiore che non aveva ancora subito l’onta, la punizione divina, la frattura dei due sessi.

Difatti, ancora Platone: E tutti quegli uomini che sono nati dalla divisione di quel sesso comune, che allora si chiamava appunto androgino (…)

Ciascuno di noi, pertanto, è come una contromarca di uomo, diviso com’è da uno in due, come le sogliole (…)

Certamente il grande Leonardo era a conoscenza di questo e altro, anzi, probabilmente la sua supposta omosessualità lo portava a sperimentare personalmente sensazioni sessuali parallele e iniziatiche. Giovanni Battista in questo senso, è un test criptico dove il demone leonardesco si è spesso esaltato: contemporaneo di Gesù Cristo, messia come Gesù Cristo, battezza sul Giordano chi riconosce come l’agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo, ma non lo segue nell’apostolato, lasciando in sospeso uno dei più grandi enigmi della storia del cristianesimo.

Giovanni Battista feto, che sussulta nel ventre della madre Elisabetta, quando Maria (incinta di Gesù) le reca visita.

Giovanni Battista definito da Gesù, come il più grande tra i nati da donna; decapitato per il capriccio di una donna (Salomè).

Gesù Cristo del 25 dicembre solstiziale contro il Giovanni Battista del 24 giugno solstiziale: Gesù che accende la luce, Battista che la spegne (infatti sulle nostre Alpi per la notte di San Giovanni ardono i falò votivi a segnare l’ineluttabilità dell’apice solare).

Chi o cosa voleva rappresentare Leonardo Da Vinci con questo viso in mostra a Milano, dal riso ironico, ambiguo, beffardo?

La soluzione definitiva resta un enigma, rafforzato da un altro dipinto equivoco presente al Louvre, sempre di Leonardo, sempre del medesimo soggetto: in questo caso abbiamo il Giovanni Battista eremita nel deserto, ma con corona vegetale bacchica, pelle e bastone, cioè la tipica agiografia dionisiaca.

Sappiamo Dioniso essere una divinità androgina, chiaramente Leonardo era informato anche di questo.

Dal cenacolo vinciano alla Monna Lisa, all’amatissimo discepolo di Gesù dell’ultima cena eucaristica, la forma androgina compare con regolarità nella produzione artistica leonardesca.

Qualcuno si è spinto a ipotizzare l’appartenenza del genio alla setta dei Giovanniti, che riconoscevano in Giovanni Battista l’autentico profeta, a discapito del Cristo.

Questa teoria, seppur plausibile, da sola non è sufficiente a spiegare l’arcano e l’ossessione dell’androgino.

Suppongo che Leonardo fosse a conoscenza o avesse elaborato una teoria gnostica rilevante, che la sua vivissima e insuperata creatività e intelligenza gli abbiano ispirato un’intuizione, divenuta sensazione e infine certezza reiterata nei capolavori.

Credo che la soluzione sia racchiusa nei vangeli canonici. Nel frattempo v’invito e sprono, a non perdervi, dal vivo, il mistero di Giovanni Battista, l’enigma dell’androgino.

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