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venerdì 24 giugno 2011

Macché Monna Lisa, semmai, donna Pacifica



Macché Monna Lisa, semmai, donna Pacifica

Macché Monna Lisa: semmai, donna Pacifica. Uno studioso di Roma pensa di poter dimostrare che il dipinto più famoso al mondo non eterni le fattezze di Lisa Gherardini, moglie del mercante di Firenze Francesco del Giocondo, bensì quelle di Pacifica Brandani da Urbino, morta poco dopo aver dato alla luce il futuro cardinal Ippolito de’ Medici, avuto in modo illegittimo nel 1511 da Giuliano, duca di Nemours (1479 - 1516). Giuliano l’aveva commissionato a Leonardo per darlo al figlio, che non aveva conosciuto la madre. Però, muore anche lui, prima di poterlo ritirare; e l’artista lo porta, con altri due quadri, in Francia. Questo, in soldoni, dice Roberto Zapperi (abita al Gianicolo, con un panorama che mozza il fiato), a lungo redattore al Dizionario biografico dell’Enciclopedia Treccani, intenso sodalizio con la moglie, Ingeborg Walter: scrivono anche libri a quattro mani.

Zapperi è uno storico: analizza e racconta documenti. «A Clou, vicino ad Amboise dove Leonardo viveva - spiega Zapperi - il cardinale Luigi d’Aragona, che era insieme con il proprio segretario Antonio De Beatis, chiede di quei tre quadri all’artista, che di uno dice: è una donna che interessa al magnifico Giuliano de’ Medici». Ma non poteva essere Monna Lisa? «Certo no: perché Giuliano, tra il 1494 e il 1512, non è mai potuto tornare a Firenze, da dove era bandito». Ma ad Aragona, Leonardo afferma che è fiorentina. «Perché Giuliano non gli ha raccontato di dove lei fosse; del resto, era sempre la madre di un figlio illegittimo; quindi, che fosse di Firenze lo arguisce lui». D’altronde, aggiunge: «A quei tempi gli artisti non dipingevano per proprio diletto. Lo facevano se avevano una committenza».

E il bello è che la storia è antica e poco indagata. Zepperi l’ha riscoperta e poi si è messo a caccia, corroborandola. Ne ha tratto un libro edito in Argentina e in Germania, e ora, riscritto e con più dati, in mano a Marsilio: «Vorrei che si intitolasse Addio Monna Lisa».

Il nome di Pacifica l’aveva fatto, tanti anni fa, Carlo Pedretti, grande studioso di Leonardo, ma senza coltivarlo. In molti credono che Vasari, alla base dell’identificazione con Monna Lisa, non fosse alieno dal raccogliere tante chiacchiere. «Mi era successo di scrivere, con mia moglie, un libro - continua Zepperi - Ritratto dell’amata, in Italia edito da Donzelli. Avevo dedicato un capitolo a Ippolito de’ Medici, figlio di Giuliano». Tante ricerche negli archivi; documenti mai visti da nessuno. «Pacifica è sposata e Giuliano trascorre una decina d’anni a Urbino. Era un donnaiolo e un poeta. Al momento del parto, non c’era. E il bimbo viene abbandonato davanti a una chiesa. La madre che morirà di lì a poco, è documentato, glielo manda a dire a Roma, dove Giuliano era dal futuro papa Leone X, fratello di quattro anni maggiore: entrambi erano figli di Lorenzo il Magnifico».

Ippolito viene rilevato dal padre che lo dà a balia; poi, crescerà all’ombra dello zio, divenuto Papa: Raffaello lo ritrae, a nemmeno sei anni, in un affresco delle Stanze in Vaticano. Il bambino, secondo la ricostruzione di Zapperi, domanda della mamma. Il babbo ha al servizio Leonardo, che vive nel Palazzo del Belvedere, in Vaticano, dal 1513 al 16, e pensa perfino a come prosciugare le paludi pontine. È a lui che Giuliano commissiona un ritratto da dare al bimbo, di soli quattro anni. «Forse, Medici descrive Pacifica a Leonardo». Un ritratto inventato o, al massimo, raccontato.

Sta di fatto che Leone X va in guerra con la Francia. Manda Giuliano a capo degli armati nella Pianura Padana. «Era un po’ malmesso per via della tubercolosi - aggiunge Zapperi - a Firenze si ammala e muore. Non ha il tempo di ritirare il quadro. Leonardo lo porta in Francia, dove va anche perché Papa Leone aveva per pittore Raffaello. Il cardinal d’Aragona lo vede. Poi altri passaggi, perché Leonardo non vende quel quadro. Lo dona a Gian Giacomo Caprotti, suo pupillo e forse qualcosa di più; il Salaì, come era soprannominato, lo porta a Milano e ne trae copia: lo dice il suo testamento. Infine, lo acquista Francesco I e poi va al Louvre».

Professor Zepperi, sicuro? «Certissimo: ho lavorato anni. E ho il vantaggio di essere uno storico: leggo i documenti, non mi occupo d’arte». Ma perché una notizia-bomba, come questa, è così poco nota? «Forse, perché non amo farmi pubblicità. Un mio amico dice che mi sono imboscato all’Enciclopedia Treccani. Non ho mai pensato all’Università: era uno schifo già ai tempi miei». Poi: «Su Monna Lisa non ci sono testimonianze; su Pacifica, quella del cardinal d’Aragona, da cui sappiamo che era un ritratto per Giuliano de’ Medici». Avrà tutti contro: «Mi importa assai poco. Io sono certissimo e mi basta». E fa pensare: Papa Leone e Giuliano ritratti da Raffaello, come Ippolito da bambino, che, quando sarà cardinale, anche Tiziano immortalerà. La madre ritratta da Leonardo. Una splendida galleria, con i migliori nomi del dipingere italiano.

di Fabio Isman

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Il Louvre non presterà la Gioconda all'Italia


Il Louvre non presterà la Gioconda all'Italia. Il quadro di Leonardo, ha spiegato il museo di Parigi, è infatti «estremamente fragile», cosa che rende il suo trasporto «inimmaginabile». Così il Louvre risponde oggi alla campagna lanciata da Silvano Vincenti e dal suo Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici, culturali e ambientali, in collaborazione con la Provincia di Firenze, per riportare il capolavoro di Leonardo in Italia per il 2013. La petizione, irrobustita da 100.000 firme, non smuoverà il museo parigino. «Formalmente non abbiamo ricevuto ancora nessuna domanda ufficiale di prestito», ha precisato Vincent Pomarede, direttore del dipartimento delle Pitture al Louvre.

Ha aggiunto da Parigi Pomarede - se non prestiamo la Gioconda è perché il quadro è estremamente fragile ed un viaggio rischierebbe di causare danni irreversibili». Il dipinto è stato realizzato dal genio toscano, tra il 1503 ed il 1506, su un pannello di legno di pioppo molto sottile. Con il tempo, questo pannello si è curvato e presenta una fessura ben visibile, soprattutto sul retro. Ecco perché il volto di Monna Lisa è protetto dietro un vetro blindato (per questo la tazza lanciata contro di lei da un turista russo nel 2009 non le aveva fatto alcun danno) ed è conservata a livelli di temperatura e di umidità costanti, grazie ad un sofisticato sistema di climatizzazione.

«Un trasporto - ha spiegato Pomarede - è assolutamente inimmaginabile perché non riusciremmo ad avere un controllo della temperatura così ottimale, anche all'interno di casse climatizzate. Le vibrazioni - ha aggiunto- sarebbero molto nocive per il quadro. Si prenderebbero rischi troppo grandi a prestarlo». Il Louvre ha inoltre ricordato stamane che la Gioconda è stata prestata una sola volta dalla Francia, quando ministro della Cultura era Andrè Malraux. È stato nel 1963 quando il prezioso dipinto volò negli Stati Uniti dove fu ricevuto dal presidente Kennedy per essere esposto alla National Gallery di Washington e al Metropolitan Museum of Art di New York.

Vincenti, che ha promosso la petizione, conduce ricerche tra le tombe dell'ex convento di Sant'Orsola nel centro di Firenze per analizzare le ossa dei cadaveri: la donna ritratta, Monna Lisa, sarebbe morta e sepolta lì.

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